“Le cose d’arte sono specchi nei quali ognuno vede ciò che gli somiglia.”
C. Brancusi
Dietro (e dentro) la meravigliosa opera di Costantin Brancusi palpita il cuore di un pastore, di un artigiano, di un poeta, di un asceta, di uno spirito libero totalmente e coscientemente identificato nell’Arte.
Nato in Romania, in un paesino ai piedi dei Carpazi il 19/2/1876, trascorse la sua giovinezza a fare il pastore, il tintore, il droghiere, il commesso. Il silenzio e la solitudine dei pascoli montani, le notti buie e stellate, il contatto diretto con gli spiriti della Natura, si imprimono in modo indelebile nella sua anima. Così quando, ancora molto giovane, entrerà nella Scuola di Arte e mestieri di Craiova e poi all’Accademia di Bucarest, la formazione di stampo accademico proposta, creerà in lui un forte senso d’insoddisfazione che lo indurrà ad abbandonare l’accademia definitivamente.
Nel 1904, a 28 anni, attraversa a piedi tutta l’Europa per trasferirsi a Parigi. Qui entra in contatto con il famosissimo Auguste Rodin con il quale inizia un breve periodo di praticantato. Ma quando lo scultore parigino gli propone di diventare suo allievo, Brancusi rifiuta obiettando: «Non cresce nulla sotto i grandi alberi» e Rodin risponde «Hai ragione! Sei più ostinato di me».
Si avvicina agli artisti delle correnti artistiche d’avanguardia che in quel periodo animavano Parigi: Henri Matisse, Amedeo Modigliani, Henri Rousseau, Fernand Léger, Duchamp, Picasso, Ezra Pound, Apollinaire, senza tuttavia frequentare gli eventi mondani e continuando la vita umile, solitaria e silenziosa, da asceta-contadino, né aderire ad alcun movimento; la sua ricerca artistica è isolata, originale, diretta verso la ricerca dell’essenzialità delle forme. Attratto dalle forme pure, studia l’arte egizia, cicladica e messicana, primitiva, “negra”. Ricercare la forma essenziale, semplificata, archetipica, primordiale è lavorare con l’energia della materia, con la matrice spirituale che è dietro tutte le forme che appaiono nel mondo fisico.
“Brâncuși era un ometto meraviglioso, con la barba bianca, gli occhi scuri e penetranti, qualcosa a metà fra un contadino scaltro e una vera divinità“, con queste parole lo descrive la famosa collezionista Peggy Guggenheim, nella sua biografia.
La sua dimora-studio in Rue de Montparnasse diviene una sorta di “monastero dell’arte”. Brâncuși lavora duro, costruisce tutto da solo, ogni mobile, persino la stufa, secondo la tradizione dei contadini rumeni che edificavano la casa col sudore della fronte. Era un laboratorio vero, in cui il colore bianco era predominante, pieno di gesso, legni e pietre, un luogo pieno di vita, con appunti sparsi su fogli e quaderni, attrezzi e calchi, bozzetti.
Divenuto famoso e al culmine della sua carriera, decide di ritornare in Romania a realizzare il gruppo monumentale “Calea Eroilor”, a Târgu Jiu, nel Parco della città. L’artista, che aveva sempre desiderato di “fare qualcosa per il suo paese”, accettò dunque volentieri la proposta da parte della Lega Nazionale delle Donne.
Le tre grandi sculture che formano questo complesso monumentale sono: Tavola del Silenzio, Porta dei Baci e Colonna dell’infinito. Il complesso è stato concepito come un omaggio agli eroi caduti nella Prima Guerra mondiale. All’inaugurazione, a chi gli chiedeva il motivo per il quale avesse scelto un parco pubblico per erigere le sue sculture, Brâncuși rispondeva: “Vorrei che le mie opere fossero erette nei parchi e nei giardini pubblici, affinché i bambini possano giocare su di esse, come giocassero sopra le pietre e i monumenti nati dalla terra; che nessuno sapesse cosa rappresentano e da chi sono fatte – ma che tutti sentissero il bisogno e l’amicizia di esse, come fosse qualcosa che fa parte dall’anima della Natura“.
La Colonna dell’infinito, omaggio all’arte popolare rumena e alle figure totemiche primitive, alta oltre trenta metri, è un’opera che non ha centro, né inizio e né fine: “Vai e abbracciala, – raccomandava lo scultore – poi alza gli occhi e guarda: penetrerai nel profondo del cielo.“
Poco prima di morire a Parigi nel 1957, all’età di 81 anni, donò tutto, attrezzi, opere, studi e appunti allo stato francese.