Hirayama, protagonista di Perfect days, l’ultimo film di Wim Wenders, vive totalmente calato nel presente e ci indica la strada verso un possibile futuro in cui l’essere umano e il mondo possano essere migliori.
È un film di immagini, di sguardi, di dettagli in cui i dialoghi sono ridotti al minimo essenziale.
Così come essenziale è la quotidianità del protagonista, resa attraverso una sintassi narrativa ritmata come un mantra dalla ripetizione di scene di vita quotidiana.
Il film è il viaggio dell’anima di un uomo maturo sulla via della guarigione dalle nevrosi del suo tempo che, abbandonato il passato, conduce una vita ordinata, semplice e attenta.
L’umile lavoro di pulizia dei bagni pubblici di Tokio è vissuto come una meditazione, e tutta la sua esistenza è fatta di cose piccole solo in apparenza: la perfezione e la dedizione nei gesti del lavoro, la cura amorevole delle piante come un rituale, l’osservazione della luce del sole che filtra fra gli alberi fotografata con lo sguardo meravigliato di un bambino con una camera analogica, la gioia della musica ascoltata con il mangianastri al mattino mentre va al lavoro, la lettura di un libro prima di addormentarsi, rendono poetica la sua giornata in continuità con la vita onirica.
Hirayama ha accesso a una dimensione altra in quanto vive profondamente nel qui e ora (“un’altra volta è un’altra volta, mentre adesso è adesso” ripete alla nipote adolescente che gli chiede “quando?”)
È solo smontando il proprio ego che si nutre del dolore proveniente dal passato e dell’ansia per il futuro, che è possibile lasciarsi attraversare imperturbabile da ciò che lo schema mentale consueto definirebbe offesa o umiliazione, come nella scena in cui Hirayama consegna un bambino che si era perduto alla mamma la quale, senza ringraziarlo, lo guarda contrariata e disinfetta le mani del figlioletto.
La capacità del distacco dalle situazioni, l’accettazione priva di giudizio dell’esistente, il senso di quiete e di pace che Hirayama emana tocca, invece, profondamente le anime giovani come la fidanzatina del collega o la nipote scappata di casa che cerca rifugio da lui.
Wenders con questo film ci invita a guardare il mondo da una diversa prospettiva, e come tutti i veri artisti, prefigura il salto di coscienza che l’umanità è chiamata a compiere.